LE CONTRADDITTORIE AMNESIE DELLA RAI AL CONCERTO DI CAPODANNO DELLA FENICE

A Capodanno si è tenuto l’ormai tradizionale concerto della Fenice esempio di intelligente rivendicazione dell’importanza della tradizione culturale italica. Il Concerto si svolge in una cornice prestigiosa, la Fenice, con una carrellata di arie, duetti e passi corali dal repertorio operistico italiano che l’Italia esporta in tutto il mondo e che il mondo affascina. Operazione culturale certamente molto pregevole che si conclude, come ogni anno, con il brindisi "Libiam ne' lieti calici" dalla Traviata di Giuseppe Verdi, con cui l’orchestra coinvolge anche il pubblico presente, che accompagna, con il proprio ritmato battito di mani, l’esibizione.
La RAI, purtroppo, è riuscita a rovinare anche questo.
Per rispettare i tempi del palinsesto, ha letteralmente tagliato il bis del celeberrimo brindisi del soprano, Pretty Yende, proprio nel momento dell’acuto, per dare spazio alla pubblicità.
A questo punto un’inevitabile riflessione.
Se l’episodio è già di per sé segno di un’ingiustificata (e ingiustificabile) greve mancanza di sensibilità artistica e culturale, lo stesso si pone in contraddizione proprio con i presupposti giuridici del canone Rai e, quindi, con quello che dovrebbe essere il modus operandi della RAI.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 284/2002, ha infatti chiarito che il canone radiotelevisivo costituisce in sostanza un’imposta di scopo, che viene giustificata dal fatto che la RAI è chiamata a svolgere un servizio pubblico essenziale a carattere di preminente interesse generale, avente la finalità di ampliare la partecipazione dei cittadini e concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese, come precisa l’art. 1 della legge n. 103 del 1975.
La stessa Corte, però, aggiunge che “Il finanziamento mediante il canone consente, e per altro verso impone, al soggetto che svolge il servizio pubblico (…) di adeguare la tipologia e la qualità della propria programmazione alle specifiche finalità di tale servizio, non piegandole alle sole esigenze quantitative dell’ascolto e della raccolta pubblicitaria, e non omologando le proprie scelte di programmazione a quelle proprie dei soggetti privati che operano nel ristretto e imperfetto "mercato" radiotelevisivo”.
In sintesi, il canone si giustifica perché la RAI deve svolgere un servizio pubblico e questo servizio deve essere svolto, senza piegarsi alle esigenze della raccolta pubblicitaria e senza omologarsi alla programmazione dell’imperfetto mercato radiotelevisivo.
L’episodio del Capodanno veneziano è invece l’ennesima riprova dell’evidente contraddizione che vive la RAI. La stessa viene alimentata dall’imposta pagata dai cittadini perché dovrebbe garantire una programmazione di qualità, senza piegarsi alle logiche commerciali, ma nella concretezza dei fatti, interrompe goffamente una prestigiosa rappresentazione teatrale di qualità proprio per dar spazio alla pubblicità, cedendo in maniera ancora più fragorosa alle logiche commerciali.
Forse si dovrebbe rivedere qualcosa nell’attuale gestione del servizio pubblico radiotelevisivo e nel suo contraddittorio rapporto con il mercato pubblicitario.
Anzi. È sempre più urgente.
 

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